mercoledì 9 marzo 2011

Il pozzo dell'anima - 49



- Posso disturbarla? Ha ritirato le lastre?
Federico alzò la testa e vide Alessio fuori dall'ufficio. Era cambiato e aveva la borsa col portatile a tracolla.
- Pensavo fosse già uscito! Provo ad indovinare: mia moglie ha chiamato anche lei?
- Diverse volte.
Scambiarono uno sguardo carico di significato.
- Mi ha assicurato che il bambino sta bene.
- è successo qualcosa di importante?
- Voleva sapere a che ora sarebbe rientrato, sembrava turbata...
- Quando avrò finito di esaminare questi frammenti chiuderò tutto, glielo prometto, riferisca pure se dovesse disturbarla un'altra volta.
Alessio capì il motivo di quel silenzio forzato, imbarazzato buttò lo sguardo alle radiografie appoggiate al tavolo settorio sperando di riuscire a trovare una scusa per restare, particolare che non sfuggì a Federico.
- Se ha bisogno di me posso fermarmi, non ho programmi per la serata.
- Non si preoccupi, finisco io, domani ci sarà da fare.
- I referti della tac non saranno pronti prima di due giorni.
- Le lastre confermano le fratture in due punti distinti.
- Credo siano post mortem.
Azzardò Alessio.
- Ne sono convinto anch'io. Entri, non stia sulla porta, le mostro una cosa. Ho trovato fibre e frammenti, stavo facendo una comparazione.
Erano due persone molto diverse, entrambi riservati, scrupolosi e attenti sul lavoro, due menti brillanti perfettamente complementari. Trascorrevano giornate intere senza parlare, si cibavano di quel lavoro che era prima di tutto passione. Dopo la specializzazione in medicina legale, Alessio aveva frequentato il master di scienza forense di cui Federico era docente, era un talento naturale, superato l'esame di fine corso con il massimo dei voti era stato lo stesso medico ad offrirgli il lavoro. Erano passati 5 anni. Federico gli dava ancora del lei.

Al suo rientro Federico trovò Annalisa seduta in soggiorno, sulla punta della sedia, come in penitenza. Una donna ripiegata su sè stessa. Non cedette allo sconforto, tolse il cappotto, aprì la stanza del figlio, si avvicinò al lettino, lo osservò dormire quieto. Posò un baciò sulla testa spettinata e richiuse la porta. Annalisa stringeva un rosario tra le mani. Le fece una carezza e versò il latte nel bricco poi accese il fornello.
- hai chiamato Alessio
- tu non rispondevi
- conosci il mio lavoro
- Vorrei che ci fosse un modo per farti capire quello che io credo sia il messaggio
- Cosa Annalisa? cosa dovrei capire? per favore risparmiami i sermoni che ti inculcano in chiesa, non è proprio il momento.
- Forse Dio ci sta mettendo alla prova! Gesù diceva che non ci viene mai data una croce che non possiamo sopportare.
Federico guardò la moglie tentando di dominare l'istinto di urlare.
- Non parlarmi di fede, mi sta tradendo anche la medicina. Non ho bisogno di aggrapparmi al tuo dio, di credere che la sofferenza di questa vita mi farà guadagnare il regno dei cieli, io vivo su questa terra, adesso; a tuo figlio, che dorme di là, non gliene frega un cazzo di andare in paradiso, ha 6 anni Annalisa, 6 anni, in che universo malato un dio che ama i suoi figli permetterebbe quello che sta succedendo al nostro? Tu continua a pregare, a credere ai miracoli, e che la tua fede ci salverà o perlomeno non ci farà bruciare all'inferno. Io mi auguro che in qualche posto nel mondo esista un donatore compatibile che gli garantisca di sopravvivere.
Annalisa percepì l'incontenibile sofferenza nella voce del marito, inghiottendo lacrime di disperazione. Strinse il rosario più forte e si chiuse in camera. Federico si abbandonò sul divano, dove rimase fino al mattino successivo.

CONTINUA

4 commenti:

  1. MOlto bello.
    Molto vero.
    Un po' estrema la figura di Annalisa. Chi ha fede non pensa che la malattia dei figli sia una prova che Dio ci dà.
    Sono cattolica (beh...ci provo) con una formazione scientifica e ho diversi gravi problemi di salute nella mia famiglia. So che non sono una cosa che Dio ci ha mandato per provarci.
    Semplicemente la natura ci ha fatto questo.
    La fede ti aiuta a sopportare, a guardare a domani, ad aspettare quel cavolo di donatore compatibile. A non buttare il ferro a fondo.
    "Signore nei gironi più duri della mia vita c'erano solo le mie orme sulla sabbia"
    "No, quelle non erano le tue, erano le mie...che ti portavo in braccio".
    Però la descrizione del rapporto fra Federico e Annalisa è perfetta. Chi non ha fede spesso in questi momenti guarda chi ce l'ha come un povero idiota illuso che crede alle fatine.
    Ma non sa cosa si perde.
    Non capisce che la fede stempera la disperazione e sostiene la speranza. Perchè la speranza c'è sempre.

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  2. Non aspettiamo da troppo troppissimo?!!!?
    Queeeeeeeeeeeeeeeeen!

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