mercoledì 9 giugno 2010

Il pozzo dell'anima - 8

Vittoria cercò il telefono nella borsa, digitò il numero di casa dei genitori e attese che qualcuno rispondesse fino ache si inserirì la segreteria telefonica. Aveva bisogno di tornare a casa, dove era cresciuta. Aveva bisogno di risposte e finalmente aveva trovato la vera domanda.

Carla andò dal dentista e tra un appuntamento e l'altro trovò il tempo di chiamare Emma per chiederle un chiarimento.
- Ciao roccia, come ti sei svegliata stamattina?
- Stranamente riposata, pensavo peggio, Bea e le sue idee strampalate! Tu?
- Ho già fatto mille cose adesso volo dal notaio a mettere una firma su un atto, pranzo con mia cugina, nel pomeriggio vado a prendere i miei al lago e stasera mi vedo con Bea per l'aperitivo. Mi servirebbe una giornata di 40 ore per farci stare tutto. Volevo chiederti una cosa, ti rompo? stai lavorando?
- Dimmi pure, ho riscritto lo stesso pezzo almeno dieci volte e non mi entra una frase di senso compiuto, magari se stacco un attimo riesco a concludere qualcosa.
- Vic ha dormito da me. Abbiamo parlato un po' poi sono svenuta dal sonno, e stamattina quando ho aperto gli occhi era già andata via. Bea mi ha chiamato presto.
- Quella donna non ha il senso del tempo e dello spazio.
- No aspetta. Non era l'alba.
- Beata te, a me ha chiamato che era ancora buio!
- stamattina?
- no, qualche giorno fa.
- Capiamoci Emma, è una delle sue solite fisse o mi devo preoccupare per Vic?
- Me lo avessi chiesto giorni fa avrei detto la prima, però ci ho pensato e mi sono venute in mente cose della scuola elementare, quando Vic smise di venire a catechismo, ti ricordi?
- Sì, eravamo in terza?
- L'anno della comunione. Quando ieri sera ha detto che tra lei e Adriano è finita perchè non voleva sposarsi ho avuto un flash, forse ha ragione Bea, è successo qualcosa. Conosci Vic, non le cavi una parola nemmeno con le tenaglie...
- Non è necessario chiederlo a lei.
- ah no? e che intenzioni avresti?
- lasciami fare, resto in città ancora tre giorni, vediamo di farli fruttare.
Emma non trattenne un lamento. Lo aveva imparato ai tempi della scuola: Carla era caparbia, anche più di Bea, sarebbe arrivata in fondo alla questione, in qualsiasi modo.

2 commenti:

  1. E speriamo... Così magari diamo anche un titolo al racconto! :D

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  2. é così realistico e "umano" che non riesci a non immedesimarti! Mannaggia... e attendi e leggi... bello!

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