venerdì 11 giugno 2010

Il pozzo dell'anima - 9

Carla sbrigò in fretta la faccenda dal notaio e prima di recarsi all'appuntamento con la cugina si fermò in macchina a frugare nella borsa, tirò fuori un miliardo di cianfrusaglie tra cui due cellulari, un'agenda, tre mazzi di chiavi, di casa dei suoi genitori, casa del lago e casa propria, una trousse zeppa di cosmetici con la zip rotta, salviette umidificate, una scatola di cerotti, granuli omeopatici, una fascia per capelli, un libro, un solvente per unghie, occhiali da sole e occhiali da vista e in fondo, tra la fodera consumata e la tasca dove teneva un orologio da taschino, trovò la famosa rubrica e iniziò a sfogliare alla ricerca di un nome, poi digitò qualcosa sul blackberry. Chissà se la persona con cui voleva parlare aveva ancora quel numero?

***
Adriano cercava di tradurre un verbale inserendo a video dati scritti in maniera incomprensibile, ogni tanto ripeteva a voce alta per capire la costruzione grammaticale e non ne veniva a capo ugualmente. L'espressione interdetta fece sorridere la collega.
- Cerca di essere comprensivo, sono i verbali del turno di notte al casello dell'autostrada!
- Non hai idea di cosa c'è scritto. Questa non è la lingua italiana.
- Quando stacchi pranziamo insieme?
- volentieri, non in mensa, pensavo di andare alla galleria commerciale, devo cambiare una maglietta, possiamo fermarci al fast food.
- Vado dal dirigente a far firmare un plico di documenti e sono pronta per andare.
Uscendo dall'ufficio Sabrina sorrise al suo riflesso nel vetro della porta. Forse Vittoria era una storia definitivamente archiviata. A pranzo ci avrebbe lavorato.

***

Vittoria arrivò a casa dei genitori prima di mezzogiorno, fece il giro dal giardino e trovò il padre nell'orto e la madre seduta sulla terrazza che leggeva un romanzo di Jane Austen.
- Che sorpresa tesoro, cosa ci fai qui?
- sono passata a salutarvi, non ci vediamo da un po' e se non vengo io...
- sei sempre così occupata col lavoro, io e tuo padre non vogliamo essere d'impiccio, ti fermi a pranzare con noi?
- sì, mi fa piacere.
- devi rientrare?
- no, ho la giornata libera.
- cosa racconti, il lavoro come va?
- solite cose, un giorno bene, un giorno meno, ieri sera sono uscita con le ragazze e mi sono fermata a dormire da Carla.
- come sta? e la sua mamma? abbiamo incontrato suo padre, ha detto che la portava al lago, ma che non era tanto in quadro...
- infatti, va a prenderla oggi, la riporta a casa.
- mi dispiace così tanto, quando eravate piccole era un donnone, energica, volitiva. Un caterpillar. Vederla così... senti, cosa vorresti di buono?
- Mangio quello che mangiate voi, senza problemi.
Vittoria continuava a guardare l'orologio con impazienza, non sapeva come arrivare al punto senza far preoccupare i suoi genitori; dopo pranzo, quando il padre andò a riposare all'ombra dell'arancio, si accomodò in soggiorno con la madre. Pensò che era meglio dire tutto subito senza fare giri di parole.
- Mamma perchè ho smesso di andare in chiesa?
La donna la guardò meravigliata.
- So che è una domanda che non ti aspettavi, ho bisogno di sapere perchè non sono riuscita ad entrare a Notre Dame quando andai in gita a Parigi in quinta superiore, o perchè non ho mai visto l'abbazia di Westmister in tutto il tempo che ho vissuto a Londra. Perchè ho questa repulsione per la chiesa? cosa diavolo mi è successo?

4 commenti:

  1. Ohhhhhhhhhhhhhh! Non è che ti prenderesti delle ferie per finirlo eh?!!!? :-)

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  2. Deve essere proprio qualcosa di assurdo per avere tanta importanza e per farle fare cose così strane.

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  3. ..buona notte queen, bello bello bello..magari mi sogno il capitolo successivo!

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