mercoledì 24 novembre 2010

Il pozzo dell'anima - 33

- Cosa ha detto?
- alla fine niente di rilevante, purtroppo, ha confermato quello che sapevamo già, famiglia umile, gente a posto. E che Tiziano era asmatico o forse allergico. Tu piuttosto, da quanto non fai un sonno tranquillo? hai gli occhi pesti e le borse alla zuava!
- Sei gentile a farmelo notare, ho messo un quintale di correttore e sembro ancora un panda!
- Dovresti riposare un po', prenderti qualche giorno di permesso, staccare la spina.
Vittoria annuì pensierosa, di colpo la mente si proiettò nel passato, un'immagine confusa le si parò davanti agli occhi, un gatto con una chiazza grigia su un'orecchio, in sottofondo un sibilo, un urlo strozzato che la fece trasalire. Emma assitette alla scena e rimase colpita. Di lì a poco si congedò per rientrare al lavoro. Più tardi ne avrebbe parlato con Beatrice e Carla.

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Rimasta sola in ufficio Vittoria mise da parte i pensieri e si impegnò sulla pratica che le dava filo da torcere. Emma dopo il lavoro raggiunse Carla all'ospedale, quando Bea le andò incontro poche parole veloci riassunsero la giornata.
- Volevo dirti che Vic ha saputo da Sabrina che ti vedi con Adriano, è un po' offesa con te e incazzata con lui, e non sa ancora dell'indagine e di tutto l'ambaradan dell'esumazione, ti dico subito che non voglio esserci quando lo scoprirà. Intesi?
- lo sapevo che quella serpe non avrebbe perso tempo.
- Non è il momento nè il luogo, ne parliamo più tardi. Dimmi come sta Paola?
- Male, i medici hanno detto a Carla e a suo padre di mettere a posto le cose e di prepararsi.
- Così in fretta?
- si è aggravata dopo pranzo, crisi respiratoria, crollo delle piastrine, un macello.
Scambiarono sguardi carichi di tristezza.
- Dobbiamo chiamare Vittoria.
- Senz'altro.
- Ci pensi tu?
Disse Emma supplichevole, spalancando i suoi occhi rotondi.
- Sì, Pollyanna, la chiamo io.

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Vittoria si attardò in ufficio per evadere le pratiche sospese. Aspettava una chiamata di Carla e quel silenzio le diede una brutta sensazione. Era passata da poco l'ora di cena, quando si accorse di avere il cellulare scarico. Frugò nei cassetti della scrivania della collega, trovò un carica batterie compatibile col suo telefono e inserì lo spinottto. Sul display apparve una bustina. Nei messaggi vocali la voce di Bea le chiedeva di richiamare. Diverse volte. Il tono dell'amica tradiva un'insolita urgenza; richiamò senza esito, provò gli altri cellulari, nessuno raggiungibile, salì in macchina senza cappotto e volò all'ospedale angosciata da un brutto presentimento. Quando arrivò in reparto trovò Emma e Beatrice ad aspettarla. Quattro occhi lucidi furono sufficienti a spiegare il triste epilogo. Nella stanza chiusa Carla, il padre, l'ematologa e due infermieri. Vittoria si strinse alle amiche e aspettò in silenzio.

CONTINUA

5 commenti:

  1. Un racconto ricco di elementi e caratteri.

    Un abbraccio

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  2. Ma tu sei una scrittrice!! Complimenti...mi sono persa qualche puntata però, andrò a controllare...:)

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  3. Bello, bellissimo.
    Toccante devo dire.
    Cercherò gli arretrati.

    Un sorrisone.

    http://frammentidautunno.blogspot.com/

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